Robert Owen

Nell'ambito dell'utopia urbanistica l'inglese Robert Owen (1771-1858) si mosse convinto dall'idea che l'ambiente in cui un uomo vive influisce pesantemente (in modo positivo o negativo) sulla sua personalità: tale problematica nasceva ovviamente dalla nuova condizione cittadina imposta dalla rivoluzione industriale allora in atto, che stava stravolgendo i modi di vivere della gente. Interesse di Owen era infatti inizialmente dimostrare che una spietata concorrenza economica non poteva far altro che acuire le distanze fra i ceti più ricchi e le masse povere, e pertanto si adoperò perche la prima legge sulle fabbriche (Factory Act) fosse emanata. La successiva crisi economica dovuta alle guerre napoleoniche gli suggerirono l'idea di organizzare comunità autosufficienti in cui gli abitanti fossero mossi da null'altro che spirito di cooperazione, permettendo un'esistenza più tranquilla e una garanzia di benessere per tutti: a tale scopo, incontrando opposizione in Inghilterra, fondò il primo villaggio in America Settentrionale e lo chiamò New Harmony. Tale progetto però non incontrò favori, e tornato in patria si impegnò per l'unificazione delle forze sindacali nella cosiddetta Grand National Consolidated Trades Unions, e sperimentando uno scambio di beni non tramite moneta bensì attraverso buoni di lavoro, calcolando il valore di un prodotto in base al lavoro sociale necessario a realizzarlo. Entrambi i progetti furono soffocati dagli interessi opposti dei capitalisti e dunque dal governo.

Accanto ad Owen, idee sostanzialmente analoghe ebbe un'altro socialista utopico quale il francese F.C. Fourier (1772-1837), il quale pure auspicava una società strutturata mediante una rete di villaggi autonomi, caratterizzati da una forte partecipazione collettiva, quasi come una nuova polis greca. Ancora in comune con l'inglese era poi l'attenzione alle conseguenze morali di una economia votata esclusivamente all'accrescimento del profitto; rispetto ad Owen però, Fourier ebbe l'ingenuità di voler fondare tali villaggi esclusivamente su un'economia agricola, sottovalutando gli ormai inevitabili grandi cambiamenti dell'industrializzazione.